martedì 8 marzo 2011

LA FABBRICA DEL MIELE


Ape con il cestello pieno di polline

Eccole qui, le mie piccole, nonostante il vento ed il freddo a correre, a volare, a riempirsi la pancia e le zampe e poi ritornare, di corsa, in fretta per nutrire le nuove larve e rimpinguare la dispensa esaurita dal lungo inverno freddo.
E' l'unica arnia abitata che mi sia rimasta, ne avevo sei, ma negli anni scorsi mi sono morte quasi tutte le famiglie. E' rimasta solo questa, indomita e ferocemente attaccata alla vita. L'avevo abbandonate, rassegnato a perderle tutte, ma questa famiglia ha resistito.
Lo scorso anno ho messo il melario che non ho avuto tempo di togliere ed ora è pieno di miele..chissà se riuscirò a recuperarlo.
Sta di fatto che mi sono deciso a tagliare l'erba attorno e prepararmi ad assistere nuovamente a questo autentico miracolo della natura che sono le api. Per il niente di tempo che ho, faccio un'apicoltura più che biologica...è integralmente naturale perchè non faccio niente: ne trattamenti contro le malattie ne le alimento...nulla, speriamo che continuino a resistere da sole. Se riuscirò a raccogliere un po' di miele...ve lo farò assaggiare! Magari faccio il cambio con la marmellata di arance di Pia.



le mie arnie

lunedì 7 marzo 2011

Vento di Grecale

Dal Web (La musa e il Poeta)

Oggi soffia di nuovo il vento di grecale, freddo ed asciutto.
La casa è tutto gemiti e sospiri, qualche spiffero entra da sotto la porta, ma la stufa è accesa il calduccio è gradevolissimo.
Mi sono portato su il PC per lavorare accanto alla stufa e credo che ben poco mi piaccia come stare al caldo quando fuori soffia la bufera.... devo avere ancora molto forte l'istinto primordiale della tana.

giovedì 24 febbraio 2011

CLOCHARD



Dal web

E notizia di oggi (qui) che la signora di Afragola, di mestiere clochard, ritrovata durante i giorni del festival nella stazione ferroviaria di Sanremo dopo quindici anni dalla sua scomparsa, ha nuovamente fatto perdere le tracce. Non è più tornata a casa. Non nascondo che ho una profonda invidia per il coraggio, la determinazione della signora. Lei ha vinto la sua battaglia (anche se forse non se ne rende conto) contro una società che sa solo parlare di politica, che sa solo parlare di calcio, che si sente partecipe solo se guarda dal buco della serratura insieme con gli altri, che sa dare le colpe solo agli altri e che si parla addosso, appagata ed orgogliosa di quello che dice. Una società che nulla sa fare, ammaliata dalla massa ed annichilita nella propria individualità.
Io non mi ci ritrovo in questa società, ...chissà....

giovedì 3 febbraio 2011

DECRESCITA FELICE

(dal Web) 
Pia nel suo Blog di oggi dice: speriamo di essere ancora in grado di decrescere felicemente. Può darsi che il felicemente si addica più a persone che hanno uno spirito ed abitudini semplici, ma loro sono già cresciuti nella dignità e nel piacere della "misura d'uomo" e delle proprie necessità più o meno essenziali (benessere senza eccessi). Il problema nasce, e nascerà!, in coloro che sono abituati ad ottenere tutto ed in qualsiasi MODO e che non si capaciteranno di dover in qualche modo rinunciare a qualcosa o al "come" e le proveranno tutte, senza arrendersi.
Una volta c'erano le guerre che facevano punto a capo e prima ancora qualche bella carestia  o epidemia. Oggi la società umana non ha più limitatori naturali perché tutto è spinto al parossismo della conservazione e del progresso della popolazione, ad ogni costo. Penso che sia giusto che nessuno di noi abbia a patire disagi e soprattutto malattie, ma forse è il momento che si cominci a riflettere seriamente sul fatto che la popolazione umana non può crescere all'infinito, ma, anzi, occorra pensare a ridurla, altrimenti anche il semplice concetto della sostenibilità sarà solo un mero esercizio dialettico.... e quindi ha ragione Serge Latouche ?
Hai ragione Pia, temo che stia arrivando il momento di cominciare a fare marcia indietro, più o meno felicemente!



giovedì 20 gennaio 2011

L'INFANZIA FINITA


 
Fiat 500 C Belvedere (dal web)

La prima vettura che arrivò a casa è stata una Fiat 500 C Belvedere, color grigio topo. Era il 1959.
Prima di allora mio padre lasciava le ceste con i fiori sulla strada da cui un autocarro tutte le notti le prelevava per poi lasciarle sul plateatico del mercato. Poco dopo mio padre scendeva a piedi sull'Aurelia, prendeva il filobus da Ventimiglia ed andava al mercato. Allora al mercato si andava tutti i giorni, e tutte le notti c'erano le ceste da preparare (non esistevano le celle refrigerate come oggi). 
Al terzo tentativo, nel 1958, mio padre riuscì a prendere la patente (aveva 45 anni) ed acquistò subito una bella Fiat 500 C Belvedere usata con il tetto apribile in tela nera. Ma il tetto non fu mai aperto: sul tetto fu prontamente e definitivamente installato un robusto portapacchi adibito al trasporto delle ceste.
L'evento assunse un'importanza che superò di molto quella delle pur grandemente migliorate condizioni di lavoro e, quindi, di vita di mio padre. Da allora, soprattutto nel periodo estivo e, comunque, quando il lavoro in campagna lo consentisse, la domenica si partiva.
Avevo 7 anni ed il mondo, all'improvviso, assunse tutto un altro aspetto, era ufficialmente finita l'infanzia.

martedì 18 gennaio 2011

La Casa di Nico è lassù, sulla collina, appoggiata, anzi, legata alla roccia azzurra come il cielo, lontana dai rumori. E' affacciata sul mare da cui prende respiro, infinito come lo sguardo che l'avvolge.
Prende il sole tutto il giorno e spesso il vento la piega e la sospinge, cercando di staccarla dalle radici. Allora è tutto un pieno di rumori, di sibili, di urla ma, alla fine, lei è ancora lì, fiera e ferma, in attesa silenziosa.
La Casa di Nico è la casa dove abitiamo mio figlio ed io.